Ci sono momenti nella vita di tutti noi nei quali fatichiamo a trovare uno “sbocco” alla nostra sofferenza, specie quando i tentativi messi in atto per risolverla non ci portano i risultati sperati.
In questi casi è bene sapere che l’origine del nostro dolore e la difficoltà a superarlo è facile derivino da schemi di comportamento imparati molti anni fa e che continuano a condizionarci nel presente impedendoci di raggiungere i nostri obiettivi di realizzazione personale e/o professionale.

In questi casi l’unico modo per cambiare le cose è affidarsi ad un professionista che, in un arco di tempo diverso per ognuno di noi, ci aiuti ad interrompere gli antichi meccanismi che con buone probabilità si ripetono da generazioni nella storia della nostra famiglia.

La psicoterapia consiste in questo, un percorso che ci aiuti a correggere e comprendere il “senso” degli atteggiamenti disfunzionali che mettiamo in atto nella vita di tutti i giorni e che, nonostante danneggino continuamente la nostra salute e il nostro benessere psicofisico, non riusciamo ad abbandonare.

Cos’è la consulenza psicologica?

Per i più “diffidenti” o semplicemente per chi non ha ancora le idee chiare, il professionista propone un numero limitato di incontri, stabilito con il paziente al primo colloquio, durante i quali potranno essere messe in luce le problematiche da affrontare quando e se si decidesse di intraprendere una psicoterapia.

Psicoterapia dell’infanzia

I bambini difficilmente esprimono il loro disagio a parole ma più frequentemente manifestano comportamenti “disturbanti” che rappresentano grida di aiuto e che, se “colti” da insegnanti e genitori attenti, permetteranno al piccolo di farsi aiutare.

La psicoterapia del bambino è formata da diversi step:

  • uno o due colloqui con i genitori (senza il bambino): permette al professionista di raccogliere informazioni riguardanti la storia del piccolo e della sua famiglia
  • quattro o cinque incontri con il bambino: attraverso racconti di storie, disegni e osservazioni del gioco spontaneo, il professionista individua le aree di sofferenza sulle quali si potrà intervenire
  • un colloquio di restituzione ai genitori: al fine di spiegare ciò che è emerso durante le sedute di consultazione e, se il professionista lo ritiene necessario, proporre una psicoterapia (o eventuali altre forme di intervento)

La psicoterapia fornisce al piccolo paziente uno spazio privato di condivisione delle sue angosce e fatiche diverso da quello fornito dai genitori, perchè libero dalla paura di deludere le aspettative delle persone più importanti per lui.
Durante il percorso di terapia sono previsti colloqui mensili con i genitori al fine di monitorare i cambiamenti anche al di fuori del contesto terapeutico.
Inoltre i genitori hanno in questo modo la possibilità di riflettere sui propri vissuti circa i comportamenti problematici del figlio e spesso questo migliora notevolmente la qualità della relazione genitore-figlio.

Psicoterapia dell’adolescenza

Le più recenti ricerche statistiche sono arrivate a posizionare la fine del periodo adolescenziale intorno ai 35 anni, il che ci dice molto delle fatiche che comporta il “diventare grandi” in una società come la nostra.

L’adolescenza è il momento per eccellenza in cui si ha bisogno di un confronto “sano” rispetto alle proprie paure di “non essere in grado” dinnanzi alla scuola che chiede sempre di più e la società che ci vuole inseriti, performanti e con le idee chiare sul nostro futuro.

La terapia con l’adolescente è orientata a fornire la possibilità di sostare ancora un po’ in quel rispecchiamento narcisistico ben tollerato dai nostri genitori finché siamo bambini ma poco gradito in età più avanzata (“ormai sei grande…”).

Il futuro adulto ha bisogno di sentirsi “visto” e accolto in tutte le sfaccettature del proprio modo di essere, distanziandosi dall’idea di sè che gli è stata tramandata dai genitori per formarne una nuova e più “sua”.
Solo così sarà in grado di mettere in discussione il modello affettivo ricevuto senza distruggerlo ma “adeguandolo” al proprio modo di essere nel mondo.

Psicoterapia della pubertà

L’età che va dai 10 ai 14 anni è clinicamente considerata molto delicata per le innumerevoli contraddizioni che la caratterizzano.

Il preadolescente, infatti, non è più un bambino ma non è ancora un adolescente, vorrebbe giocare ma si vergogna; inoltre inizia a capire che i suoi genitori non sono dei super eroi con le soluzioni magiche per ogni problema (di conseguenza inizia a comprendere di avere esso stesso dei limiti).

Il gruppo dei pari e l’esternalizzazione delle emozioni sembrano diventare canali di comunicazione quasi esclusivi.

Quando mancano altri possibili spazi di ascolto è facile che la predisposizione all’azione tipica di questa età si traduca in veri e propri “agiti” (bullismo, atti di vandalismo, crollo del rendimento scolastico) che spingono i genitori e gli insegnanti a chiedere l’aiuto di un professionista.
Il lavoro di terapia nell’età della pubertà è tanto difficile quanto prezioso, soprattutto in termini di prevenzione delle future problematiche adolescenziali.

Un occhio attento, infatti, saprà cogliere negli agiti così come nei lunghi silenzi di un preadolescente il seme di una sofferenza che potrebbe diventare cronica e patologica negli anni a venire.

I genitori, dal canto loro, faticano molto a relazionarsi con i figli di questa età perchè si sentono a loro volta “sollecitati all’azione” e costretti a confrontarsi con la propria pubertà, così sovente problematica anche per loro.
Il terapeuta dovrà avere quindi la capacità di muoversi sulla sottile linea tra tenere i genitori “dentro” la terapia (perchè il ragazzino ha ancora molto bisogno di loro) senza rinunciare a fornire al giovane paziente uno spazio che egli possa sentire come “privato”, nel quale poter portare tutto ciò che di sé lo spaventa o gli crea imbarazzo o semplicemente ciò che di sé ancora non sa.