Il MATRIMONIO è PASSATO DI MODA?

Secondo il Ministero della Salute in Italia la fascia di età per l’esordio dei disturbi del comportamento alimentare (DA) è tra i 15 e i 19 anni, con una tendenza negli ultimi anni ad un esordio ancora più precoce (10 anni).
L’arrivo della pandemia ha portato ad un aumento esponenziale delle richieste di intervento psicologico per DA da parte di genitori che forse durante il lockdown hanno avuto maggiori possibilità di osservare il rapporto dei propri figli con il cibo.

Quali sono i DA

Alle due tradizionali categorie di anoressia nervosa (restrizione patologica della quantità di cibo introdotto con conseguente, importante dimagrimento) e bulimia nervosa (consumi esagerati di cibo “compensati” da successivi comportamenti quali vomito, uso eccessivo di lassativi/diuretici o sport praticato in modo estremo) recentemente si stanno aggiungendo forme miste nelle quali si passa dall’anoressia alla bulimia nelle diverse fasi della vita, oltre al binge eating disorder (disturbo da alimentazione incontrollata) tipico di fasce di età più adulte, una sorta di bulimia senza comportamenti di compensazione.

Possibili cause

Nell’era dei social network dove il numero di like e followers sono diventati i parametri che demarcano la linea di confine tra l’essere accettati o rifiutati dal mondo esterno, il corpo non è più solo il proprio ma diventa di tutti quelli che mettono un like alle nostre foto (Balbo, 2019).

Quando ciò non avviene nascono sfiducia, senso di inadeguatezza, ansia e vergogna che per alcuni sfociano in un vero e proprio disturbo del comportamento alimentare.

Fattori predisponenti

Recenti ricerche sembrano evidenziare l’esistenza di alcune caratteristiche che favorirebbero l’insorgere del DA:

  • geneticamente alcuni individui sembra abbiano una ridotta funzionalità del sistema della serotonina e della noradrenalina a livello cerebrale e della leptina che regola il senso di sazietà (Calati et al. 2011)
  • l’ambiente in cui crescono è spesso caratterizzato da costante presenza di tensioni e stress associati all’assunzione di cibi poveri di nutrienti
  • fattori socioculturali (ad es. l’importanza estrema data alla magrezza nel mondo occidentale)
  • fattori individuali quali un atteggiamento passivo e fatalista verso gli eventi della vita (“ non sono capace”, “non ce la farò mai”)
  • conflitto tra dipendenza e autonomia (fatica a diventare grandi)
  • perfezionismo inteso come bisogno di controllare in modo completo alcuni aspetti della propria vita (vedi il peso corporeo e le calorie introdotte)

 

Aspetti psicologici

Il rapporto conflittuale con il cibo è sempre legato ad eventi traumatici vissuti nella propria infanzia.
Quando la sofferenza emotiva derivante da esperienze negative vissute nel passato riemerge (magari in seguito ad un evento scatenante come un commento sul proprio aspetto fisico) la paura di rivivere brutti ricordi è così forte che “spostarla” sul cibo sembra la soluzione che meglio ci protegge; così il cibo diventa la causa di tutti i problemi.
La psicoterapia potrà aiutare queste giovanissime pazienti a capire che la paura di confrontarsi con il senso di inadeguatezza e la vergogna le sta bloccando proprio in quel dolore che tanto intensamente cercano di evitare.
Il problema non è il cibo ma le “ferite dell’anima”spesso collegate a traumi grandi o piccoli presenti anche nella storia dei propri genitori.