Come scegliamo i nostri partner?
Cosa ci spinge verso una persona e non verso un’altra?

Tutti noi ci siamo posti questa domanda almeno una volta, magari in un momento critico della nostra vita di coppia.

Una possibile risposta  ci viene dall’intuizione di John Bowlby, psicologo inglese che negli anni ‘60 elaborò la teoria dell’attaccamento secondo la quale fin dalla nascita ognuno di noi cerca di mantenere la vicinanza con una persona (di solito la madre) considerata in grado di affrontare il mondo in modo adeguato.

I primi mesi di vita il pianto è l’unico mezzo a disposizione del neonato per comunicare i propri bisogni e per tenere la madre vicino a sè.

Quando ci innamoriamo attiviamo inconsapevolmente il sistema di attaccamento che abbiamo imparato nella nostra infanzia.

Ad esempio siamo attratti sessualmente da qualcuno nei cui lineamenti o modi di fare “ritroviamo” quel senso di sicurezza e appartenenza senza il quale ci sentiamo soli e irrequieti.

Ed è proprio questo senso di sicurezza a rendere le relazioni di coppia della vita adulta diverse da tutte le altre, incluse quelle amicali o basate sulla pura gratificazione sessuale.

L’attaccamento nella relazione di coppia

Ovviamente, a differenza del legame madre-bambino dove solo la madre fornisce cure nella relazione di coppia adulta il legame è basato sulla reciprocità, cioè ognuno dei partner è (o dovrebbe essere) base sicura e rifugio per l’altro.
Inoltre, mentre il genitore soddisfa i bisogni fisici ed emotivi del bambino il partner, come dicevamo prima, soddisfa soprattutto il bisogno di conforto e sicurezza.
Altra importante differenza è che nel legame di coppia adulto è il sistema sessuale che fa si che si scelga e si venga scelti, mentre nel bambino il contatto fisico serve ad alleviare l’angoscia.
Ovviamente per il bambino il legame di attaccamento è vitale per riuscire a nutrirsi, coprirsi e svolgere tutte quelle funzioni che da solo non è in grado di fare.
Per l’adulto non è così, però la ricerca ha dimostrato che anche nell’adulto il legame di attaccamento favorisce la sopravvivenza, seppur in modo meno diretto: nelle relazioni di lunga durata i partner godono di maggior salute e vivono più a lungo, così come le donne che hanno una relazione romantica stabile ovulano in modo più regolare.

La terapia di coppia

Cosa porta il “sistema coppia” a non funzionare più?
Quando si può parlare di crisi di coppia?

Alla luce della teoria dell’attaccamento la coppia perde il suo equilibrio nel momento in cui la relazione non riesce più a funzionare da base sicura per entrambe i membri.
Ciò può avvenire per diverse ragioni: la nascita di un figlio, la perdita del lavoro di uno dei partner, un tradimento, un lutto.
Quando l’equilibrio in una coppia si rompe, generalmente dopo vari tentativi fallimentari di ricostruire l’armonia preesistente si arriva a chiedere aiuto ad un professionista.
Innanzi tutto è bene sottolineare un aspetto importante del lavoro con la coppia: il paziente della terapia di coppia è la coppia e non i singoli partner.
L’obiettivo della terapia è imparare a relazionarsi in modo armonico e amorevole a prescindere dalle difficoltà personali di ogni singolo componente (difficoltà che potrebbero essere affrontate in una terapia individuale).

Quali sono i segni che la coppia funziona in modo disarmonico?

Generalmente la crisi della coppia ha radici lontane rispetto al momento in cui i partner arrivano a chiedere aiuto e certi atteggiamenti sono ormai cristallizzati da tempo, tanto che spesso i partner non sanno risalire all’inizio del “declino”.
Nelle coppie in crisi i partner tendono a criticarsi a vicenda, soprattutto nelle reciproche differenze che sono spesso parte del carattere innato della persona, quindi praticamente impossibili da modificare.
Generalmente all’inizio della relazione le differenze tra i partner non vengono colte, oppure vengono minimizzate fino a quando riemergono provocando nervosismo e litigi continui e portando i partner ad allontanarsi sempre di più perchè si sentono criticati per quello che sono e non per quello che fanno.
In certi partner che hanno avuto una storia di vita caratterizzata da genitori assenti o trascuranti, l’essere ignorati o criticati dal proprio partner può indurre intensissime risposte di paura e di rabbia.
Nelle coppie che funzionano i partner hanno imparato ad accettare le differenze perchè sanno che non è possibile che l’altro sia una copia di se stessi.
In terapia di coppia, grazie all’aiuto di uno psicoterapeuta adeguatamente preparato,i partner avranno la possibilità di capire che i comportamenti distruttivi verso l’altro sono il risultato di emozioni e bisogni non riconosciuti, spesso di origine infantile.
Spesso i partner si rendono conto di non essere mai riusciti in realtà ad esprimere in modo chiaro i propri bisogni e possono imparare nuove modalità di comunicare e di prendersi cura dei bisogni emotivi di entrambi.
Naturalmente tutto questo diventa possibile solo se c’è impegno e desiderio reale da entrambe le parti.
Se invece, come spesso accade, uno dei due partner è stato “trascinato” in terapia dall’altro, viene a mancare un elemento fondamentale per la riuscita della terapia di coppia.